3 Gennaio 2022
Dal prodotto al servizio, per un futuro sostenibile senza limiti
di Roberto Siagri*
Già a fine anni Ottanta, Orio Giarini indicava come unica strada per continuare a crescere il passaggio da un’economia del tangibile a un’economia dell’intangibile. Nel suo rapporto al Club di Roma dal titolo “I limiti della certezza”, Giarini individuava nell’economia dei servizi la soluzione per superare i limiti alla crescita evidenziati dal rapporto “I limiti dello sviluppo” presentato nel 1972 da Dennis Meadows, in cui già allora si anticipava che, continuando di quel passo, nella metà del XXI secolo il pianeta si sarebbe dovuto confrontare con enormi problemi di sostenibilità: dalla carenza di materie prime al degrado ambientale.
È sempre in quegli anni, e precisamente nel 1988 grazie a Sandra Vandermerwe e Juan Rada, che nasce il termine servitizzazione.
Già a quel tempo, se pur da angolature diverse, si intravedeva che la distinzione tra servizio e prodotto si stava facendo sempre meno marcata e che sarebbe stato economicamente vantaggioso per le imprese spostare l’attenzione dalla componente tangibile del prodotto alla componente intangibile. Tuttavia, è soltanto negli ultimi tempi, grazie alla significativa riduzione dei costi dei calcolatori e delle comunicazioni digitali, che questo fenomeno della trasformazione dei prodotti in servizi sta iniziando a concretizzarsi. Serviva insomma che il calcolo, la memorizzazione e il trasporto dei dati arrivassero a un costo marginale vicino allo zero, cosa che è incominciata ad accadere negli ultimi cinque anni.
Poter passare dalla vendita di un prodotto alla vendita dei servizi che il prodotto offre è una straordinaria opportunità per continuare a crescere superando i limiti del modello industriale, che restano presenti nonostante tutti gli efficientamenti che si sono susseguiti. L’attuale modello, infatti, basato sulla vendita di prodotti e sull’obsolescenza programmata, ha costi enormi in termini di risorse consumate e di inquinamento, costi che si aggravano con la crescita della popolazione mondiale. Per il bene di tutti e soprattutto delle generazioni future, un cambiamento di rotta è urgente e indispensabile.
Dobbiamo inevitabilmente, anche se in modo graduale, superare l’idea di prodotto come mero oggetto materiale, in favore di quella di prodotto integrato da uno o più servizi, finché sarà la componente intangibile, cioè la prestazione offerta, a conquistare il ruolo primario, in quella che Walter Stahel, il padre dell’economia circolare, chiama “L’economia delle prestazioni”. È questo che intendiamo quando parliamo di servitizzazione dei prodotti. La nuova economia basata sul digitale è l’unica in grado di garantire sostenibilità nel lungo periodo: grazie a un uso sempre più importante della tecnologia, essa terrà sempre più conto dell’ambiente, del benessere delle persone e della società, con l’uomo al centro come portatore di creatività.
In questo contesto sarà indispensabile un cambio di mentalità nelle aziende, che dovranno prepararsi a modificare il modo di pensare e progettare i prodotti, perché l’economia dell’intangibile cambia i modelli di business. Parafrasando Orio Giarini, i limiti alla crescita che vediamo emergere sono i limiti di un certo modello di sviluppo, non i limiti alla crescita in quanto tale. Alle imprese che abbracciano appieno la digitalizzazione apparirà sempre più evidente la capacità che ha il digitale di trasformare il loro prodotto in servizio, come in una sorta di incantesimo che altro non è che una straordinaria opportunità di crescita felice e sostenibile, in cui saremo tutti vincitori: più utili per l’impresa, più benessere per i lavoratori, più clienti soddisfatti, più rispetto per l’ambiente.
Questo nuovo paradigma trasformerà anche il nostro stile di vita e le nostre abitudini, portandoci in un mondo in cui utilizzeremo sempre meno la materia e sempre più i dati, le informazioni e la conoscenza che le informazioni ci portano. I dati avranno sempre più valore e saranno sempre più preziosi, perché abilitatori dei nuovi modelli di business e dunque monetizzabili tramite l’erogazione dei servizi. L’enorme mole di dati generati dall’Internet delle cose potrà, con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale, essere utilizzata per una gestione ottimale dei prodotti e per la configurazione ed erogazione dei servizi secondo necessità.
Ogni cambiamento epocale, tuttavia, ha bisogno di un terreno fertile su cui germogliare. Perché questa trasformazione digitale avvenga sono necessarie quattro componenti: l’idea di partenza, la convenienza economica, le tecnologie e, soprattutto, la volontà di cambiare. Credo che i Millennials e la Generazione Z si adatteranno facilmente ai nuovi paradigmi perché sono interessati all’accesso alle cose, non al loro possesso. Le generazioni precedenti sentivano il bisogno di possedere, ma in un mondo globalizzato il possesso ci limita mentre l’uso ci apre svariate possibilità. Le nuove generazioni, molto meno legate al possesso e più all’accesso hanno a disposizione le tecnologie digitali come antidoto per sconfiggere l’insostenibilità del modello di produzione industriale.
Le nuove imprese dell’economia del risultato, non avendo legami con modelli ormai obsoleti, saranno in grado di cogliere le opportunità offerte dalla vera trasformazione digitale. In questa nuova era dell’intangibile ci sarà spazio per tutte le tipologie di imprese e, in particolare, per le PMI, perché nel mondo della produzione digitale, che sfrutta ecosistemi e piattaforme, le dimensioni conteranno di meno che in passato. L’adozione delle nuove tecnologie è già ora alla portata di tutte le imprese, perché il mondo della produzione digitale del futuro non sarà solo dei più grandi ma soprattutto dei più agili.
*Presidente del Carnia Industrial Park e autore del libro “La Servitizzazione” – Edizioni Guerini